L’ottavo ospite a fashion is a rocket science è una fashion designer indipendente, che vediamo dietro le quinte anche nel suo ultimo progetto in collaborazione con
. Shall we start?Se potessi riscrivere le “regole del gioco” nel mondo della moda, da cosa inizieresti?
Rallentando la velocità e diminuendo la quantità di produzione. Il giorno che gestirò il mio brand vorrei avere la libertà di presentare le mie collezioni quando più me la sento senza dover sottostare alle regole imposte dai brand più grandi e senza dover produrre collezioni eccessivamente grandi. Sarebbe bello se i designer fossero come i musicisti e droppassero la propria collezione quando trovano opportuno. D'altronde il mondo della moda e della musica si stanno sempre di più avvicinando quindi anche questa potrebbe diventare una possibilità.
Quale parte del tuo lavoro ti fa sentire più creativa e soddisfatta?
Riuscire a rendere concreta un'idea rappresentandola su una grande board, attaccando immagini della ricerca, manipolazioni, sketches.. Diciamo quando inizio ad unire tutte le parti belle del mio lavoro ed inizio a vedere il puzzle comporsi. Un'altra cosa che mi piace molto è viaggiare, girare e farsi venire in mente idee, anche li mi sento molto creativa, quando un piccolo dettaglio attiva una grande serie di pensieri.
Quali sono gli strumenti o le piattaforme che usi di più nel tuo processo creativo?
Al momento dato che sto lavorando in un brand molto piccolo il processo creativo lo definirei abbastanza tradizionale. Si parla, si trovano le idee, ci sono sempre oggetti, tessuti, capi d'archivio o trovati nei mercati che servono d'ispirazione. Poi si approfondisce la ricerca online, si stampa, si attacca al moodboard, si lavora alle manipolazioni e agli sketch. Io sketcho tantissimo con procreate, lo adoro. Uso poi molto anche i programmi Adobe. Per il resto una delle mie cose preferite è fare i collage.
Come ti sei avvicinato al mondo della moda e cosa ti ha spinto a intraprendere questa carriera?
Mia mamma fa anche lei questo lavoro. Quando ero piccola aveva un suo brand, poi l'ha dovuto chiudere e ha iniziato a lavorare come stilista freelance, poi ne ha aperto un'altro 13 anni fa che è dove sto lavorando adesso.
C’è stato un errore o un fallimento che si è rivelato formativo nel tuo percorso?
Ne ho fatti tanti di errori!! Però meglio sbagliare 1000 volte che 0. Errori gravi che ho fatto sono stati non leggere tempestivamente le mail, una volta mi sono persa la mail dell'HR di OTB per un secondo colloquio da Diesel, da li in poi ho iniziato a stra controllare la posta ahhahahah. Comunque per il resto direi tutte cose che fanno parte del mio percorso formativo. Per esempio spesso penso che avrei potuto impegnarmi di più all'università o gestire meglio mille altri progetti, ma poi mi ricordo che in quel momento ero emotivamente molto fragile o non pronta per dare quello che mi veniva richiesto. Per vincere le sfide della vita la salute mentale e i giusti tempi sono fondamentali, quindi bisogna sapersi perdonare e fare tesoro dei propri errori, più se ne fanno fin da giovani più si cresce velocemente.
Se potessi disegnare un abito per una celebrità per chi sarebbe?
Rosalia!
Hai un capo vintage o un pezzo di moda che ha un valore speciale per te? Qual è la sua storia?
Ho delle Loafer di Saint Laurent che facevano parte della mia divisa quando lavoravo in Montenapoleone, per un mese le ho stra usate, a fine contratto me le sono portate via (in realtà non si potrebbe, dicono che le divise usate poi le bruciano, però io non potevo abbandonarle </3), ancora mi accompagnano. Se un giorno farò carriera (boh chissà) mettendo quelle scarpe mi ricorderò sempre del duro lavoro che mi ha portato a raggiungere i miei obbiettivi.
Dove hai studiato moda e come descriveresti la tua esperienza accademica?
Ho studiato allo IED di Milano. Tosta, molto tosta. Non ero pronta ma pensavo di esserlo, trasferirmi dalla mia piccola città in una metropoli è stato un po' scioccante, poi il confronto con la gente del posto mi ha altrettanto scioccata. Il primo anno di università è stato uno dei più tosti della mia vita, ero molto emotivamente scossa e in difficoltà. Ero entrata all'università con una borsa di studio e mi sentivo molta pressione addosso. Non sono riuscita a raggiungere i risultati che avrei dovuto e non sono riuscita a mantenerla per gli anni successivi, guardando indietro mi sono resa conto di non essere riuscita ad essere "prestante" perchè non stavo bene psicologicamente, la salute mentale è veramente fondamentale ed è una priorità. Poi andando avanti ho iniziato a trovare un po' più di equilibrio, poi è arrivato il COVID quindi parte del mio percorso universitario l'ho vissuto con i lockdown, ma ok comunque si trovava il modo di stare con gli amici e di frequentare un po' il campus. Nel momento della tesi e laurea invece sono riuscita a dare il massimo, sono fiera dei risultati raggiunti. Commento finale: bella esperienza, piena di emozioni forti, difficoltà e momenti di gioia e vittorie, anche tanti pianti. Mi manca Milano tantissimo, è la mia città, dove sono nata, e un giorno tornerò a viverci.
Se potessi tornare indietro e cambiare qualcosa del tuo percorso di studi, cosa faresti diversamente?
Me lo godrei di più fin dall'inizio, anche se tutti i miei sbagli e conquiste mi hanno resa ciò che sono.
In che modo l’università supporta i laureati nella ricerca di lavoro una volta concluso il percorso di studi?
Nel mio caso specifico il career service ha funzionato. Una professoressa mi ha aiutato a trovare lavoro a Parigi, quindi non posso lamentarmi anche perchè è stata probabilmente l'esperienza più bella della mia vita. Però so che la maggior parte degli altri studenti ha avuto difficoltà, un po' triste questa cosa. Purtroppo appena ci si iscrive a queste scuole private si pensa che verremo aiutati a trovare il lavoro dei sogni una volta usciti, purtroppo non è così :/ most of the times. Però noi non ci arrendiamo e in caso il lavoro ce lo troviamo da soli.
Ritieni che il ritorno sugli investimenti per la tua educazione in moda sarà sufficiente a giustificare i costi sostenuti?
L'esperienza universitaria, che comprende gli studi e tutto il contorno, ciò che avviene al di fuori del campus, mi ha reso quella che sono oggi, quindi non cambierei mai nulla e sono grata di aver scelto il percorso che ho scelto. Ma se dobbiamo parlare di ritorno economico, vedremo. Gli stipendi per i designer sono molto bassi, per questo ora voglio continuare a lavorare per vendere pezzi che creo come designer indipendente. In questo modo non avrei limiti di crescita.
L’università ti ha offerto opportunità concrete di networking con professionisti del settore della moda?
Si dai, se l'università la si segue bene, le opportunità che offre sono tante. Bisogna stare sempre sull'attenti diciamo.
Hai mai ricevuto un consiglio sul lavoro che ti è rimasto impresso?
Sul lavoro mi è stato consigliato di essere onesta, schietta e realista. Doti che spesso mi mancavano. Lavorare mi ha fatto crescere moltissimo sia professionalmente che personalmente.
Quali consigli daresti a chi sta studiando moda e vuole intraprendere una carriera in questo settore?
Non mollare mai, è un settore molto difficile e competitivo. Penso spesso che voler fare il designer è un po' come voler fare la rockstar, tutti vogliono ma in pochi riescono. Ci vuole poi umiltà e voglia di ascoltare. Questo è un mondo spesso pieno di arroganza ed ego, stare il giusto con i piedi per terra penso sia un segno di forza. La passione per ciò che fate vi rende più forti.
Se dovessi definire il tuo stile con una texture o un filato, quale sceglieresti e perché?
Forse il denim? Rimane un must-have dell'era contemporanea, nasce come abbigliamento da lavoro ed è diventato un must dell'urban wear. In più è blu come il mare. Mi piace molto smontare i Jeans e farci pezzi nuovi. Quando ero da Acne a Parigi, l'ultimo progetto su cui stavo lavorando era proprio sulla manipolazione del denim.
Trovi che in questo settore la differenza di genere sia un dato di fatto? Se si in che modo?
Mi sconvolge molto il shitstorm sui creative directors dei big brands che spesso e volentieri sono maschi bianchi.
aveva fatto degli articoli al riguardo, dispiace che le posizioni più alte siano poco inclusive. ragione per cui voglio avere il mio brand, per essere come Vivienne Westwood, o Miuccia ovviamente. Loro sul trono ci si sono messe da sole.Quanto è impattante questo settore a livello psicofisico?
Moltissimooooo. Tornare qua ad Ancona nel brand di mia mamma da una parte è stato molto rilassante. Il periodo più stressante della mia vita è stato a Parigi. Nonostante fossi in stage mi facevano lavorare come una matta (con uno stipendio da stagista). Per qualche ragione in questo settore (per quanto ne sappia) gli stipendi sono bassi, si pensa che le ore infinite di lavoro e stress possano essere giustificate dalla passione. Anche se poi un giorno decidessi di avere il mio brand probabilmente lavorerei ancora di più, perchè ormai il mercato è troppo competitivo, lo vedo con mia mamma che ha il suo atelier, ma ancora alla sua età fa orari infiniti di lavoro. Per lo meno è libera, indipendente e appassionata.
“Fashion is a rocket science” è una newsletter mensile per dare voce a chi lavora nel mondo della moda, soprattutto nel settore creativo. Perchè crearla? Perchè si sa ancora ben poco del reale dietro le quinte a livello lavorativo e se fossi ancora una studentessa, avrei avuto molto da imparare dalle esperienze altrui. In Italia manca ancora una community che possa parlare di moda a chi sta cercando di inserirsi in questo settore o vorrebbe saperne di più: spero che questo contributo possa diventare prezioso. Vuoi partecipare o conosci qualcuno interessato a farlo? Feel free di contattare la pagina tramite direct o bizarre.vague@gmail.com :)
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