Cecilia è una fashion designer e founder di Bombo Studio, brand slow fashion Made in Italy ispirato alla sartoria maschile, che fonde tradizione e contemporaneità con uno stile pulito, creativo e genderless. Shall we begin?
Quando ti senti davvero "nel tuo elemento" mentre lavori? Cosa ti fa dire: “Questo è il mio posto”?
Mi sento davvero nel mio elemento quando lavoro con i colori e con i loro abbinamenti. È l’aspetto che più amo di questo lavoro: poter giocare con le tonalità, sperimentare accostamenti inaspettati, a volte anche bizzarri, e riuscire a creare armonie visive nuove ed espressive. È in quei momenti che penso: “Ecco, questo è il mio posto”
Qual è stato il momento in cui hai realizzato che la moda sarebbe diventata la tua professione e non solo una passione?
In realtà, la moda non è mai stata una vera e propria passione fin dall'inizio. Non ero quel tipo di persona che da piccola guardava sfilate o sfogliava riviste di moda. Però, sono cresciuta nello studio di design della mia famiglia, circondata da creativi e da persone che mi hanno sempre incoraggiata a pensare fuori dagli schemi, stimolando le mie idee anche quelle più "strane".
È stato proprio in quell’ambiente che ho imparato a dare valore all’espressione personale e alla libertà creativa. Crescendo, ho sentito il bisogno di trovare un linguaggio visivo attraverso cui raccontare ciò che avevo in testa, in modo spontaneo, istintivo e non vincolato da regole. La moda e l’abbigliamento sono diventati lo strumento più naturale per farlo.
Non ho scelto la moda per seguirne le tendenze, ma perché è il mezzo che mi permette di esprimermi con la massima libertà.
Hai mai dovuto fare un passo indietro per fare un balzo in avanti nel tuo percorso? Cosa hai imparato da quel momento?
Sì, assolutamente! Nella mia, seppur brevissima, carriera ci sono già stati diversi momenti in cui ho scelto o sono stata portata a fare un passo indietro. Sono ancora molto giovane, e trovare il proprio spazio in questo settore non è semplice.
Spesso, quel “passo indietro” coincideva con il passaggio da un’esperienza all’altra. In quei momenti di stallo ti senti inadeguata, frustrata, quasi come se stessi fallendo. Ma con il tempo ho capito che, se qualcosa che desideravi tanto non si realizza, forse non era davvero destinata a te.
E anche se fa male e può sembrare un passo indietro, bisogna cercare di non abbattersi, perché poi qualcosa arriva magari più modesto, o magari no ma sarà qualcosa di veramente tuo.
Guardando indietro, quale insegnamento avresti voluto ricevere durante i tuoi studi e invece hai dovuto imparare da sola?
Durante gli anni di università ti ritrovi dentro a una sorta di bolla: tutto ruota intorno ai progetti, alle idee, ai concept. Ti senti forte, sicura delle tue capacità, e ti convinci che quello sarà anche il mondo del lavoro.
Ma quando esci, ti accorgi che la realtà è molto diversa. Non basta un bel disegno o un progetto ben fatto: servono flessibilità, velocità, spirito di squadra e la capacità di inserirsi nelle dinamiche di un’azienda. Tutto questo, purtroppo, spesso non viene insegnato.
In più, quando inizi a mandare CV, può essere davvero frustrante: a volte non ricevi risposta, altre volte arrivi al colloquio ma poi non vieni scelta. Ti fai mille domande, ti senti inadeguata o sbagliata.
Sto imparando che, spesso, non è questione di bravura, ma semplicemente stanno cercando un profilo diverso. Non bisogna scoraggiarsi, ma piuttosto provare a reinventarsi, cercare nuove strade e restare aperti a ciò che arriva.
Le vostre camicie sono realizzate in edizione limitata. Quali sono i criteri che guidano la scelta dei materiali e dei dettagli per ogni collezione?
Le nostre camicie sono realizzate in edizione limitata perché Bombo Studio è, prima di tutto, un brand slow fashion. Lavoriamo con piccole produzioni, con l’obiettivo di ridurre gli sprechi ed evitare l’invenduto.
Produciamo interamente in Italia, affidandoci a laboratori artigianali e selezionando con cura i materiali. I tessuti che utilizziamo provengono da aziende specializzate oppure da realtà che si occupano di giacenze di magazzino: questo ci permette di dare nuova vita a materiali già esistenti, e di costruire ogni prodotto in base ai metri di tessuto effettivamente disponibili.
Scegliamo i tessuti principalmente in base alla composizione sono tutti in 100% cotone e puntiamo sempre a una qualità alta. Ci ispiriamo alla tradizione della camiceria maschile, reinterpretandola però in chiave più fresca e meno classica, attraverso il nostro design.
Se potessi far indossare Bombo Studio a tre celebrità, chi sceglieresti?
In realtà, non abbiamo una celebrità di riferimento precisa. Bombo Studio non nasce per “vestire” un volto noto, ma per dare spazio all’espressione personale, all’unicità di chi lo indossa.
Se proprio dovessimo immaginare delle figure ideali, sceglieremmo persone che incarnano libertà creativa, autenticità e uno stile non convenzionale.
Più che seguire un nome, ci piace l’idea che Bombo Studio possa vivere in tante personalità diverse, che trovano nella nostra camicia uno spazio di libertà.
Hai un capo vintage o un pezzo di moda che ha un valore speciale per te? Qual è la sua storia?
Sì, assolutamente: le camicie di mio papà. Sono capi a cui sono profondamente legata, non solo per il loro valore affettivo, ma perché da lì è nato tutto.
Bombo prende proprio il nome dal nomignolo affettuoso con cui chiamo mio papà “bombo”, come l’ape un po’ rotondetta, visto che ha un pò di pancia!
Sia io che Lucrezia, la mia socia in questa avventura, abbiamo sempre avuto l’abitudine di “rubare” le camicie dei nostri papà, che lavorano in ufficio e che spesso non mettevano più. Quelle camicie sono diventate la base dei nostri look quotidiani, in ogni occasione, spesso abbinate anche alle loro vecchie giacche.
Come descriveresti il tuo percorso di studi? Ne sei soddisfatta?
Sì, assolutamente. Sono molto soddisfatta del mio percorso di studi: è stato stimolante e mi ha dato l’opportunità di esplorare e canalizzare la mia creatività.
Mi ha permesso di sviluppare un linguaggio personale, di mettermi alla prova e di capire in che direzione volevo andare. È stato un periodo fondamentale per dare forma alle mie idee e trasformarle in qualcosa di concreto.
Detto questo, credo anche che non sia obbligatorio frequentare un’università di moda per intraprendere questa carriera.
Quali sono le sfide principali nel mantenere una produzione Made in Italy e slow fashion in un mercato sempre più orientato alla velocità ?
Le sfide principali nel mantenere una produzione Made in Italy e slow fashion sono legate ai tempi e ai costi: è difficile competere con la velocità e i prezzi bassi del fast fashion. Serve tempo per produrre con cura e qualità, e i costi sono più alti per garantire etica e sostenibilità. Inoltre, è fondamentale saper comunicare il valore di questo approccio per farlo comprendere e apprezzare dai consumatori.
Bombo Studio nasce con l’idea di reinterpretare la tradizione sartoriale in chiave giocosa e genderless. Come si traduce questa visione nel processo creativo quotidiano?
La nostra visione si traduce nel processo creativo quotidiano osservando ciò che accade ogni giorno nelle strade. Non cerchiamo grandi ispirazioni, ma guardiamo agli outfit e al modo in cui le persone si vestono. Vediamo come alcuni interpretano i capi con creatività, mentre altri li indossano nella loro forma più semplice, senza troppi fronzoli. Per noi, un capo di abbigliamento di per sé non è né bello né brutto; è solo un capo. È la nostra personalità, il nostro modo di indossarlo, che lo rende speciale. Questa osservazione del quotidiano è una delle principali fonti di ispirazione per Bombo Studio, perché crediamo che la moda sia un’espressione di chi siamo, e ogni persona la interpreta a modo suo.
Guardando al futuro, quali sono le vostre ambizioni per Bombo Studio nei prossimi cinque anni?
Nel prossimo quinquennio, l’obiettivo di Bombo Studio è consolidarsi come un punto di riferimento per la sua attitudine unica e il suo stile distintivo. Vogliamo che il nostro approccio alla moda, che fonde tradizione sartoriale e creatività senza confini, venga riconosciuto come un segno di innovazione e autenticità. Puntiamo a collaborazioni con altri brand e creativi, ampliando la nostra visibilità e presenza internazionale. L’ambizione è quella di crescere, non solo in Europa, ma anche a livello globale, facendoci riconoscere come un brand emergente capace di segnare tendenze e ispirare un pubblico sempre più vasto.
L’università ti ha offerto opportunità concrete di networking con professionisti del settore della moda?
Non proprio. Sebbene l'università mi abbia fornito una solida base teorica e pratica, le opportunità di networking con professionisti del settore della moda non sono state così frequenti o strutturate come mi sarei aspettata. Certo, ci sono stati eventi e collaborazioni occasionali, ma la vera opportunità di entrare in contatto con il mondo del lavoro è arrivata soprattutto dopo, quando ho iniziato a costruire il mio percorso in modo più autonomo e pratico.
Hai mai ricevuto un consiglio sul lavoro che ti è rimasto impresso?
Un consiglio che mi è rimasto impresso è stato: "Impara a dire no, anche quando tutti ti dicono di sì". Mi è stato detto da una persona che rispetto molto, e mi ha fatto riflettere su come spesso, nel mondo del lavoro, si tenda a dire sì per compiacere o per paura di perdere opportunità. Ma dire no, con consapevolezza e fermezza, significa proteggere il proprio tempo, le proprie energie e, soprattutto, la propria visione. È un equilibrio difficile da trovare, ma è fondamentale per non smarrirsi nel processo e rimanere fedeli a sé stessi.
Quali consigli daresti a chi sta studiando moda e vuole intraprendere una carriera in questo settore?
«non aspettare che qualcuno ti "scelga"». Inizia a costruire qualcosa di tuo, anche piccolo. Che sia un profilo Instagram, una capsule collection, un progetto editoriale qualsiasi cosa che racconti chi sei.
Se dovessi definire Bombo Studio con una parola e un colore, quale sceglieresti e perché?
Parola: quotidiano. Perché Bombo Studio nasce dal nostro vissuto di ogni giorno dalle conversazioni tra me e Lucrezia, dagli spunti che raccogliamo per strada, da come vediamo le persone indossare i capi nel loro modo unico, spontaneo. Non cerchiamo l’eccezionalità, ma la bellezza che si nasconde nella normalità, nei gesti semplici, nelle abitudini che raccontano chi siamo davvero. Speriamo che chi si avvicina a Bombo senta questa vicinanza, questo modo diretto e umano di fare moda.
Colore: più che un colore preciso, direi che Bombo è fatto di accostamenti. Forse l’azzurro e il rosso, due colori che insieme raccontano dinamismo, equilibrio e contrasto. Come il nostro lavoro: fatto di due teste diverse, ma in sintonia, che ogni giorno costruiscono qualcosa di comune partendo dal proprio quotidiano.
Trovi che in questo settore la differenza di genere sia un dato di fatto? Se si in che modo?
Sì, la differenza di genere è ancora presente, soprattutto nei ruoli di potere e in certi automatismi del settore, dove spesso le dinamiche rimangono sbilanciate nonostante l’immagine inclusiva che la moda vuole dare.
Detto questo, qualcosa si sta muovendo. Sempre più realtà indipendenti stanno portando avanti un’idea di moda più fluida, libera dagli stereotipi e vicina alle persone. Credo che per un vero cambiamento serva dare più spazio ai designer emergenti, a chi porta visioni autentiche e non condizionate da logiche di mercato tradizionali. È da lì che può nascere un linguaggio nuovo, più onesto e rappresentativo.
Quanto è impattante questo settore a livello psicofisico?
Il settore moda può essere molto impattante a livello psicofisico, soprattutto per chi lo vive da dentro. È un ambiente veloce, competitivo, dove spesso si è spinti a produrre continuamente, a “esserci” sempre, a dimostrare costantemente qualcosa con il rischio di perdere il contatto con i propri tempi e limiti.
C’è anche una componente emotiva forte: la creatività è personale, esporla al giudizio può essere stancante, e non sempre c’è lo spazio per elaborare il rifiuto o la pressione. In più, il confine tra lavoro e vita privata tende a sfumare, soprattutto in realtà indipendenti dove tutto passa da te.
Detto questo, ci sono anche lati bellissimi: la possibilità di esprimersi, di creare connessioni reali, di dare forma alle proprie idee. La sfida sta nel trovare un equilibrio e nel proteggere il proprio benessere dentro un sistema che spesso non lo mette al centro.
“Fashion is a rocket science” è una newsletter mensile per dare voce a chi lavora nel mondo della moda, soprattutto nel settore creativo. Perchè crearla? Perchè si sa ancora ben poco del reale dietro le quinte a livello lavorativo e se fossi ancora una studentessa, avrei avuto molto da imparare dalle esperienze altrui. In Italia manca ancora una community che possa parlare di moda a chi sta cercando di inserirsi in questo settore o vorrebbe saperne di più: spero che questo contributo possa diventare prezioso. Vuoi partecipare o conosci qualcuno interessato a farlo? Feel free di contattare la pagina tramite direct o bizarre.vague@gmail.com :)
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